Le Alpi Un territorio in comune



Autore: Dr. Luigi Lorenzetti, Svizzera
Responsabile scientifico: Prof. Dr. Nelly Valsangiacomo, Svizzera
Referente didattico: Prof.ssa Carla Ciucarilli, Italia

Uno spazio di frontiera e di relazioni

Svizzera e Italia condividono una parte apprezzabile del territorio alpino. Unite, le aree alpine dei loro rispettivi territori rappresentano poco meno del 40% dell’insieme della superficie delle Alpi, mentre la loro popolazione costituisce circa il 45% del totale della popolazione alpina. Inoltre, oltre un quinto dell’arco alpino si snoda lungo la frontiera che separa i due Stati, estendendosi dalla regione del Gran San Bernardo1 a quella dello Stelvio, passando da quelle del Sempione2 e dello Spluga3 .
È proprio attorno a queste grandi vie di comunicazione che nel corso degli ultimi 150 anni, Svizzera e Italia hanno intessuto una fitta rete di relazioni e di scambi che sono andate progressivamente consolidandosi, nonostante le vicende belliche del XX secolo ne abbiano momentaneamente frenato l’intensità. Relazioni e scambi innanzi tutto di tipo commerciale, tra le economie forti delle pianure che attorniano i due versanti delle Alpi – quella lombardo-piemontese e quella dell’altipiano svizzero – dove lo sviluppo industriale è stato tra i più precoci e importanti del continente. Ma ampie e profonde relazioni interessano anche lo spazio intra-alpino transfrontaliero. Basti pensare alla storia della Valtellina4 , per tre secoli sotto il dominio delle Tre Leghe grigionesi e che dopo l’Unità riannodano le fila di un dialogo mai interrotto anche grazie alla secolare attività vitivinicola (Fig. 1: vigneti valtellinesi), o alla fitta trama di relazioni e scambi che percorre le economie agricolo-pastorali delle valli alpine due paesi.
In tal senso, la frontiera italo svizzera sembra aver svolto più una funzione di contatto che una funzione di barriera, alimentando gli scambi tra le popolazioni alpine dei due paesi. Lo si percepisce nella storia delle mobilità e delle migrazioni tra Italia e Svizzera: il territorio alpino dei due Stati è stato (e rimane tuttora) un importante bacino di manodopera in cui non di rado i flussi migratori dalla Svizzera e dall’Italia si sono incrociati dando luogo a un mercato lavorativo in cui convivono complementarietà e sussidiarietà. Lo testimoniano i numerosi operai italiani che tra la fine del XIX secolo e gli anni Sessanta del XX secolo hanno dato un contributo fondamentale alla realizzazione delle grandi opere ferroviarie e stradali e alla costruzione degli impianti idroelettrici nelle Alpi svizzere. Nel senso opposto, vanno ricordati i flussi che hanno portato numerosi svizzeri in Italia. Nota soprattutto attraverso l’esperienza dell’epoca preunitaria riguardante l’emigrazione delle maestranze edili o dei corpi mercenari, la diaspora svizzera in Italia è proseguita anche dopo l’Unità, dando luogo a diverse colonie insediatesi in diverse città tra cui Milano, Bergamo, Genova e Napoli.


Uno spazio di identità

A fronte di questi dati e nonostante la secolare esperienza di vicinato costruita attorno alla fascia alpina, se per la Svizzera le Alpi sono da sempre un elemento di identificazione nazionale, nel caso italiano, esse hanno assunto valenze più articolate e legate alle vicende storiche e politiche del Paese. In Svizzera le montagne hanno favorito, sin dal Rinascimento, la nascita di una specifica identità. Già in quell’epoca infatti, l’immagine delle Alpi è associata alla Confederazione elvetica, a tal punto che montanari e montagne sono considerati elementi costitutivi dell’identità elvetica. L’Elvetismo5 , un filone letterario che percorre la cultura europea della fine del Settecento, celebra il paesaggio alpino svizzero e gli usi e costumi dei suoi abitanti che per via delle loro pratiche «ancestrali» (ad esempio la Landsgemeinde6 ) sono considerati i veri depositari della democrazia e dell’autentica libertà. Nel corso del XIX secolo poi, il clima patriottico e nazionalista che si diffonde nel Paese (come negli altri paesi europei) concorre a rafforzare una coscienza politica espressa attraverso i riferimenti alle Alpi nei più svariati campi, da quello letterario a quello delle arti figurative, da quello della protezione della natura a quello della salvaguardia delle bellezze paesaggistiche. In un Paese composito in cui convivono e si sovrappongono diversità linguistiche, culturali e religiose (Fig. 3: Bosco Gurin: villaggio ticinese di cultura Walser), le Alpi hanno svolto un importante ruolo di collante per l’unità nazionale. È d’altronde attorno alle Alpi che, durante la Seconda guerra mondiale, la Svizzera decide di organizzare la sua difesa da un eventuale attacco esterno7 , trovando in esse il fulcro dello spirito nazionale, oltre che le sue origini storiche.
Anche in Italia le Alpi hanno assunto importanti valenze simboliche. Con l’Unità esse vennero a raffigurare il confine con gli altri stati alpini. Ancor più che in Svizzera, nell’epoca dei nazionalismi esse divennero innanzitutto una barriera che delimitava lo spazio materiale dell’unità nazionale. Nel corso della Prima guerra mondiale, ad esse fu attribuito il ruolo di baluardo contro le aggressioni nemiche; una fortezza affidata agli alpini il cui reclutamento concentrato nelle valli alpine costituiva la miglior garanzia di fedeltà allo Stato e alla sua integrità. E anche all’indomani del conflitto e durante l’epoca fascista, le Alpi rimasero il simbolo della difesa e della vittoria nazionale e il santuario dove commemorare il sacrificio di migliaia di militi. La memoria della Grande guerra sulle Alpi divenne un importante collante dell’unità nazionale, mentre la frontiera alpina fu sacralizzata nel nome dell’inviolabilità della nazione. Il binomio «Alpi e libertà» – radicato nel sentimento nazionale e identitario svizzero – non riuscì invece ad imporsi in Italia. In un Paese dalle mille identità in cui la legittimità dello Stato unitario si è sovente scontrata con le resistenze dei particolarismi regionali, le Alpi hanno continuato ad essere uno dei numerosi tasselli della costruzione identitaria italiana; un tassello sovrastato dal retaggio dell’eredità latina e cristiana, dalla profonda e fitta esperienza della civiltà urbana e da un immaginario che, attraverso il turismo, ha veicolato nel mondo l’idea di un Paese mediterraneo che trova nel dialogo col mare la sua più genuina espressione.


Le Alpi tra collaborazione e associazionismo transfrontaliero

Dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale le Alpi hanno acquisito nuovi significati e nuove prospettive: non più barriere e fortezze a difesa della Nazione, ma luogo di incontro tra popoli e culture. Lo dimostrano le numerose iniziative transfrontaliere diffuse in tutto l’arco alpino (e anche sul confine italo-svizzero) per celebrare la fratellanza alpina e in cui le Alpi fanno da cornice a incontri e manifestazioni popolari, sovente di natura folklorica, volte al recupero e alla salvaguardia della cultura alpina (Fig. 4: il passo del San Lucio). In queste iniziative, si è voluto vedere il tentativo di affermare una identità comune, messa a repentaglio dalla globalizzazione e dalla perdita di sovranità degli Stati nazionali, dimenticando però che non di rado anche gli Stati nazionali hanno contribuito a cancellare i particolarismi e le autonomie delle periferie alpine, soffocandone il dinamismo economico e culturale.
Forme istituzionalizzate di collaborazione transfrontaliera tra i paesi dell’arco alpino – e in questo caso tra Italia e Svizzera – hanno dimostrato l’importanza di un dialogo in grado da una parte di mettere a fuoco i problemi comuni delle aree di montagna e dall’altra di difendere e preservare le varietà delle loro culture. Con la crescente integrazione economica e politica dei paesi dell’Unione europea e l’avvicinamento della Svizzera alla stessa attraverso la formula dei contratti bilaterali, i paesi dell’arco alpino possono sperimentare nuove forme di ingegneria istituzionale sempre più votate alla collaborazione transfrontaliera e sempre più attente alle specificità delle Alpi e ai loro bisogni. Tale processo è stato all’origine, negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, di svariate iniziative basate sull’associazionismo transnazionale. Tra di essi vi è il gruppo di lavoro ArgeAlp che raggruppa varie regioni delle Alpi centrali (la Baviera, Salisburgo, il Tirolo, il Vorarlberg, il Trentino, l’Alto Adige, la Lombardia e i cantoni svizzeri di S. Gallo, Ticino e Grigioni) nell’intento di incoraggiare e sostenere collaborazioni nel campo dell’ecologia, della cultura e della vita sociale ed economica. Con intenti analoghi, dal 1981 la COTRAO (Comunità dei Cantoni e delle Regioni delle Alpi Occidentali) associa i cantoni svizzeri di Vaud, Ginevra e Vallese, le Regioni italiane Valle d’Aosta, Liguria e Piemonte e le Regioni francesi Rhône-Alpes e Provence-Alpes-Côte-d’Azur per promuovere progetti e collaborazioni transfrontaliere inerenti i trasporti, l’energia, l’apertura delle frontiere, la protezione dell’ambiente e l’assetto territoriale. Più recentemente, la Regio Insubrica, fondata nel 1995 a Varese, ha riunito le provincie italiane di Varese, Como e Verbano-Cusio-Ossola e, sul versante svizzero, il Cantone Ticino allo scopo di promuovere la cooperazione transfrontaliera nella regione italo-svizzera dei Tre Laghi Prealpini e di favorire la presa di coscienza dell’appartenenza ad un territorio che si delinea come una combinazione tra «italicità» – matrice comune di tutto il suo territorio – ed «elveticità», con l’intento di creare un connubio di valori, di pensare e operare nel contempo simili e complementari.


L’essenziale in breve

Varie iniziative testimoniano la presa di coscienza da parte degli attori locali del valore del territorio alpino che può trovare nelle sue peculiarità la possibilità di svolgere un ruolo di primo piano nell’elaborazione di nuove progettualità economiche e politiche: le risorse energetiche di cui dispone, le ricchezze ambientali e paesaggistiche, la localizzazione strategica lungo gli assi di transito tra nord e sud Europa rappresentano degli atout che Svizzera e Italia sono chiamati a riscoprire e reinterpretare alla luce delle sfide che il XXI secolo sta già annunciando. Le sfide dello sviluppo sostenibile – cui la città non sembra essere in grado di far fronte – candida la montagna a «laboratorio di futuro» e a proposta in grado di dialogare con la cultura urbana, mostrandone i limiti e le contraddizioni e rivendicando la propria forza e dignità.


Bibliografia:
- BÄTZING W., Le Alpi. Una regione unica al centro dell’Europa, Torino, Bollati Boringhieri, 2005.
- CUAZ M., Le Alpi, Bologna, il Mulino, 2005.
- KOBER P., VUILLAMY D. (sous la dir. de), Encyclopédie des Alpes, Grenoble, Glénat, 2006.


Letture consigliate:
- GUICHONNET P. (a cura di), Histoire et civilisation des Alpes, 2 voll., Toulouse – Lausanne, Privat – Payot, 1980.
- LORENZETTI L., VALSANGIACOMO N. (a cura di), Lo spazio insubrico. Un’identità storica tra percorsi politici e realtà socio-economiche, 1500-1950, Lugano, Casagrande, 2005.
- PASCOLINI M. (a cura di), Le Alpi che cambiano. Nuovi abitanti, nuove culture, nuovi paesaggi, Udine, Forum editrice, 2008.

1 Dizionario storico della Svizzera
2 Dizionario storico della Svizzera
3 Dizionario storico della Svizzera
4 Dizionario storico della Svizzera, Valtellina, Chiavenna, Sondrio.
5 Dizionario storico della Svizzera
6 Dizionario storico della Svizzera
7 Dizionario storico della Svizzera, Ridotto nazionale

 



Fig. 1: Vigneti valtellinesi. Per tre secoli, tra l’inizio del XVI e la fine del XVIII secolo, la Valtellina è stata un territorio soggetto alle Tre Leghe grigionesi. In questo periodo la viticoltura ha conosciuto un notevoe sviluppo grazie ai signori grigioni che intravvedendone le potenzialità commerciali ne promossero la coltura. Negli anni successivi la caduta del regime grigione, le relazioni valtellinesi con i Grigioni si diradarono ma ripresero nel corso della seconda metà dell’Ottocento grazie anche all’attività viticola di alcuni proprietari grigionesi.


Fig. 2: La fortezza nelle Alpi o l’isola nel mare in tempesta, cartolina postale del 1914.
In: Barbara Bonhage, Peter Gautschi e Gregor Spuhler: Hinschauen und Nachfragen, Zürich 2006, p. 34. BERNISCHES HISTORISCHES MUSEUM



Fig. 3: Bosco Gurin. Bosco gurin è un villaggio di cultura Walser situato in Vallemaggia nel cantone Ticino. Esso testimonia la storia di una popolazione che nel corso del Medioevo ha colonizzato ampie regioni di altitudine dell’arco alpino (tra cui svariate località italiane e svizzere) veicolando una cultura alpina che di volta in volta ha assunto tratti specifici e originali.


Fig. 4: Passo del San Lucio. Situato nelle Prealpi Luganesi ad una altitudine di 1.541 s.l.m., collega la Val Cavargna in Provincia di Como con la Val Colla nel Canton Ticino (Svizzera). Sul valico sorge una chiesa del XIV secolo dedicata a San Lucio e due rifugi: uno in territorio italiano e uno in territorio svizzero che funge pure da ristorante.
Il 16 agosto, festività di San Rocco, il Passo ospita una sagra che richiama visitatori sia dall'Italia che dalla Svizzera. La festa ricorda i tempi in cui il confine tra Italia e Svizzera era delimitato da una alta rete metallica sorvegliata a vista dalle Guardie di Confine armate contro i contrabbandieri, che solo il giorno della sagra veniva aperta permettendo alle popolazioni delle due valli di venire a contatto e festeggiare insieme la solennità.