|
Le relazioni economiche
Autore: Dr. Martin Kuder, Svizzera
Responsabile scientifico: Dr. Sacha Zala, Svizzera
Referente didattico: Prof. Paolo Pedullà, Italia
Nel 1859 il ginevrino Henri Dunant si trovava in viaggio d’affari in Italia, quando divenne testimone della cruenta battaglia di Solferino. L’esperienza degli orrori della guerra vista con i propri occhi spinsero Dunant a fondare la Croce Rossa, un’organizzazione internazionale che ancora oggi si adopera per lenire le conseguenze di conflitti in tutto il Mondo. Effettivamente, sin dall’Unità d'Italia1, le relazioni economiche bilaterali sono risultate molto intense, assumendo una forte importanza non solo per la Svizzera, ma anche per la Penisola. Oltre che agli scambi commerciali, vanno rilevati anche l'emigrazione d’imprenditori elvetici e gli investimenti svizzeri in Italia come pure i rapporti finanziari e la costruzione di opere infrastrutturali.
Gli scambi commerciali
Dal 1861 alla seconda metà del XX secolo, gli scambi reciproci assunsero una notevole rilevanza, specialmente per quanto riguarda i flussi di merci dall'Italia alla Svizzera. Per le esportazioni italiane, il mercato elvetico fino agli anni 1960-70 ebbe nel complesso un'importanza paragonabile a quello francese e inglese. Soprattutto, la Confederazione risultò l'unico tra i principali Paesi con cui la Penisola beneficiò quasi costantemente di un avanzo commerciale, circostanza particolarmente significativa considerando il carattere cronicamente deficitario della bilancia commerciale italiana2 . Poiché sul piano politico non si verificarono mai contrasti di gravità tale da compromettere le relazioni economiche, gli scambi bilaterali si distinsero per una sostanziale continuità nel tempo, non subendo mai le forti oscillazioni che caratterizzarono invece le relazioni dei due Paesi con la Germania, che sull'insieme del periodo sia per l'Italia sia per la Svizzera rappresentò il principale partner commerciale. Per questo motivo e grazie pure alla vicinanza geografica, nei momenti di crisi internazionale come la prima guerra mondiale, la guerra d'Etiopia e la seconda guerra mondiale il commercio bilaterale assunse un peso tendenzialmente ancora maggiore. Anche la mancata partecipazione della Svizzera al processo di integrazione europea, avviato negli anni 1950-60 con la costituzione della Comunità economica europea (CEE), ebbe solo limitate ripercussioni negative sugli scambi reciproci. Per quanto riguarda la composizione di questi ultimi, fino alla crisi del 1929 tra le esportazioni italiane nella Confederazione prevalsero i prodotti serici, mentre dal 1930 al 1970 il primato fu assunto dalle derrate alimentari. In direzione contraria, le categorie merceologiche più importanti furono i formaggi (fino al 1900), prodotti meccanici e orologi (1900-1939) e prodotti meccanici e chimici (1945-1970).
Imprenditori e investimenti svizzeri in Italia
La migrazione più conosciuta di Svizzeri in Italia è senza dubbio quella delle guardie svizzere in Vaticano. Ma la maggioranza di questi giovani cattolici svizzeri che vengono a Roma ritorna dopo pochi anni in patria. Fino alla fine del XIX secolo risultò significativa soprattutto l'emigrazione d’imprenditori svizzeri in Italia. A cavallo del 1900 esistevano ad esempio in Italia oltre 60 cotonifici in mano svizzera, concentrati soprattutto in Lombardia3 , in Piemonte4 e nel Salernitano5 , che impiegavano circa 770'000 fusi per la filatura del cotone e 15'000 telai per la tessitura (su un totale di approssimativamente 2,1 milioni di fusi e 80'000 telai allora presenti sul territorio italiano). Tra questi assunse un particolare rilievo il Cotonificio Val di Susa fondato da August Abegg6 , che divenne la principale industria tessile piemontese. Gli Svizzeri erano poi fortemente presenti nel settore alberghiero, gestendo una cinquantina di Grand Hôtel sul territorio italiano, come ad esempio l'Hassler di Roma7 . Di origini elvetiche erano anche Emilio Maraini8 , pioniere dell'industria saccarifera italiana, e Ulrico Hoepli9 , fondatore dell'omonima casa editrice. Con il rafforzamento del nazionalismo anche economico in Italia alla vigilia e durante la prima guerra mondiale e il crescente attivismo degli operatori economici locali, dopo il 1918 l'importanza degli imprenditori elvetici comunque si ridusse, mentre aumentò quella delle grandi multinazionali svizzere, che rilevarono aziende e aprirono filiali, soprattutto nell'Italia settentrionale. Il Tecnomasio Italiano Brown Boveri di Milano10 , acquisito nel 1903 dalla svizzera Brown Boveri, fu ad esempio una delle principali imprese elettromeccaniche attive in territorio italiano nel XX secolo. Negli anni 1910-30 altri grandi gruppi svizzeri dei settori alimentare, chimico, farmaceutico e dell'alluminio fondarono filiali nella Penisola, come ad esempio la Nestlé11 e la Sandoz (oggi Novartis). Almeno fino agli anni 1960-70, per l'Italia la Svizzera risultò nel complesso il terzo-quarto investitore diretto estero in ordine di importanza12.
Rapporti finanziari
Dalla fine del XIX secolo fino all'istituzione dell'ENEL nel 1962, società finanziarie elvetiche detennero importanti quote azionarie di minoranza nell'industria elettrica italiana. La partecipazione più importante fu quella della Société Financière Italo-Suisse13 nella Società meridionale di elettricità, la principale industria elettrica del Mezzogiorno. Negli anni 1890-1900, capitali svizzeri concorsero alla fondazione della Banca commerciale italiana e del Credito italiano; questi due primari istituti di credito italiani fondarono a loro volta filiali in Svizzera, e, più precisamente, nel Ticino, nel primi decenni del XX secolo. I rapporti finanziari divennero particolarmente intensi a partire dagli anni 1930-40, quando le banche svizzere presero il posto di quelle statunitensi, francesi e inglesi nella concessione di crediti a banche, imprese (ad esempio Fiat, Pirelli) e organismi pubblici italiani; durante la seconda guerra mondiale il regime fascista beneficiò di ingenti prestazioni finanziarie da parte della Svizzera. Tra le élite economiche dei due Paesi esisteva poi una fitta rete di relazioni, testimoniata dalla presenza incrociata di rappresentanti svizzeri e italiani nei consigli di amministrazione di diverse società attive sul fronte dei rapporti bilaterali. Nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale, e in particolare dal 1954 al 1961, cioè nella fase cruciale del decollo economico della Penisola, la piazza finanziaria elvetica rappresentò un'importante fonte di finanziamenti per enti pubblici e privati italiani14 . Nello stesso periodo, operatori finanziari italiani fondarono diverse banche in Svizzera, in gran parte con sede nel Ticino. Tali istituti costituirono un canale privilegiato per le esportazioni di capitali italiani verso la Confederazione, che dalla fine degli anni 1950-60 assunsero proporzioni ingentissime. Grazie a questo afflusso di denaro dall'Italia, Lugano divenne la terza piazza finanziaria della Svizzera.
Opere infrastrutturali
Gli stretti rapporti esistenti tra gli ambienti economico-finanziari dei due Paesi dopo il 1945 si tradussero anche nella realizzazione di importanti opere infrastrutturali di collegamento tra Svizzera e Italia. La FIAT fu tra i promotori e i finanziatori della costruzione della galleria stradale del Gran San Bernardo, inaugurata nel 1964, tra il canton Vallese e la valle d'Aosta. Tale opera venne realizzata anche in reazione al progetto italo-francese del tunnel del Monte Bianco; si temeva infatti che quest'ultimo avrebbe favorito l'aggiramento del territorio elvetico da parte delle correnti di traffico tra l'Italia e l'Europa centro-settentrionale15 . Dalla galleria del Gran San Bernardo venne fatto passare anche l'oleodotto tra Genova e Collombey (canton Vallese). Questa pipeline, promossa congiuntamente dall'ENI e dalla Société Financière Italo-Suisse, rappresentò il fulcro dell'ambiziosa strategia avviata alla fine degli anni 1950-60 da Enrico Mattei, presidente dell'ENI, per intaccare il predominio delle grandi compagnie petrolifere angloamericane sui mercati europei. Se sul piano strettamente economico l'iniziativa si rivelò in definitiva un insuccesso, nel quadro dei rapporti economici italo-svizzeri si trattò comunque di un episodio di primaria importanza, poiché fruttò ingenti commesse ad aziende dei gruppi IRI ed ENI e ribadì il ruolo cruciale dell'Italia per gli approvvigionamenti petroliferi della Confederazione (dal 1954 al 1963, la Penisola fu di gran lunga il principale fornitore di combustibili liquidi della Svizzera).
L’essenziale in breve
Favoriti dalla vicinanza geografica e dalla sostanziale assenza di contrasti politici sul piano bilaterale, gli scambi commerciali italo-svizzeri dal 1861 alla seconda metà del XX secolo assunsero una notevole rilevanza non solo per la Svizzera, ma pure per l'Italia. Essi si caratterizzarono per una grande continuità nel tempo, divenendo tendenzialmente ancora più intensi nei momenti di crisi internazionale. Passando alla presenza economica elvetica in territorio italiano, fino al 1900 furono soprattutto imprenditori svizzeri trapiantatisi in Italia, attivi soprattutto nell'industria tessile, a ricoprire un ruolo di primo piano. Negli anni attorno alla Prima guerra mondiale la loro importanza però scemò a scapito di quella delle grandi multinazionali svizzere, che acquisirono aziende e crearono filiali. Almeno fino agli anni 1960-70, per l'Italia la Svizzera risultò nel complesso il terzo-quarto investitore diretto estero in ordine di importanza. Per quanto riguarda i rapporti finanziari, società finanziarie elvetiche detennero importanti partecipazioni di minoranza nell'industria elettrica italiana. Dagli anni 1930-40 le relazioni si intensificarono ulteriormente. Dopo il 1945 operatori economici italiani fondarono varie banche in Svizzera. Queste ultime costituirono un canale privilegiato per le esportazioni di capitali italiani verso la Confederazione, che dalla fine degli anni 1950-60 assunsero proporzioni notevolissime. Le relazioni tradizionalmente strette tra gli ambienti economico-finanziari svizzeri e italiani nel secondo dopoguerra favorirono anche la realizzazione di due importanti opere infrastrutturali quali la galleria stradale del Gran San Bernardo, promossa tra l'altro dalla FIAT, e l'oleodotto Genova-Collombey, un'iniziativa congiunta dell'ENI e della Société Financière Italo-Suisse.
Bibliografia (oltre alle già citate voci del Dizionario storico della Svizzera):
• SEGRETO L., Le relazioni finanziarie tra l'Italia e la Svizzera (1945-1971), pp. 201-234, in "Rivista di storia economica", 2001, n. 2
• KUDER M., Italia e Svizzera nella seconda guerra mondiale: rapporti economici e antecedenti storici, Carocci, Roma, 2002
• GERARDI D., La Suisse et l'Italie, 1923-1950: commerce, finance et réseaux, Editions Alphil, Neuchâtel, 2007
Letture consigliate:
• AA. VV., Svizzeri in Italia, 1848-1972, Collegamento svizzero in Italia, Milano, 1972
• KUDER M., Portare i soldi in Svizzera: contrabbando di capitali ed evasione fiscale nell'Italia del boom, pp. 609-621, in "Contemporanea. Rivista di storia dell'800 e del '900", 2004, n. 4
• CAGLIOTI D. L., Vite parallele: una minoranza protestante nell'Italia dell'Ottocento, Il Mulino, Bologna, 2006
1 Cfr. www.hls-dhs-dss.ch/textes/i/I3359.php 2 Cfr. www.amtsdruckschriften.bar.admin.ch/ 3 Cfr. www.hls-dhs-dss.ch/textes/i/I7079.php 4 Cfr. www.hls-dhs-dss.ch/textes/i/I7097.php 5 Cfr. www.hls-dhs-dss.ch/textes/i/I6634.php 6 Cfr. www.hls-dhs-dss.ch/textes/i/I45216.php 7 Cfr. www.hls-dhs-dss.ch/textes/i/I6605.php 8 Cfr. www.hls-dhs-dss.ch/textes/i/I49131.php 9 Cfr. www.hls-dhs-dss.ch/textes/i/I30470.php 10 Cfr. www.hls-dhs-dss.ch/textes/i/I6598.php 11 Cfr. www.hls-dhs-dss.ch/textes/i/I41776.php 12 Cfr. www.dodis.ch/14925 13 Cfr. www.amtsdruckschriften.bar.admin.ch/ 14 Cfr. www.dodis.ch/9016; www.dodis.ch/11030 15 Cfr. www.hls-dhs-dss.ch/textes/i/I8852.php; www.dodis.ch/8966
|
|