L’Italia vista dalla Svizzera Buon appetito Svizzera!
Per una storia della gastronomia italiana in Svizzera
nel dopoguerra




Autore: Lic. phil. Sabina Bellofatto, Svizzera
Responsabile scientifico: Prof. Dr. Carlo Moos, Svizzera
Referente didattico: Prof.ssa Carla Ciucarilli, Italia

Introduzione

La cucina italiana ha conosciuto in Svizzera un tale successo che ormai da tempo non viene più neppure considerata come straniera: così non soltanto si mangia all’italiana in numerosi ristoranti e pizzerie locali, ma svariati prodotti italiani – come la pasta, i pomodori pelati e la mozzarella – hanno perfettamente trovato cittadinanza nella cucina degli svizzeri. Questo processo viene attribuito alla presenza degli italiani in Svizzera e alla loro influenza sugli usi e costumi locali. In effetti l’immigrazione italiana in Svizzera ha radici storiche profonde, che si spingono alla seconda metà del XIX secolo, e quindi ha lasciato senza dubbio tracce culinarie. Ma la cucina degli italiani in Svizzera non ha avuto vita facile. Ancora negli anni Cinquanta e Sessanta veniva considerata da una grande parte degli Svizzeri come primitiva e sgradevole negli odori. Come si spiega quindi il sorprendente successo?


L’italianizzazione della cucina nel dopoguerra

Negli anni Sessanta si verificò una crescente diversificazione dell’offerta nel settore alimentare, accompagnata dall’abbondanza e dalla varietà dei prodotti presenti nei negozi. La diffusione di questi prodotti è stata condizionata dall’introduzione dei negozi self-service e dall’ampliamento degli assortimenti in aziende di dettaglio come Migros e Coop. I prodotti alimentari italiani conobbero in questo ambito una grande fortuna. Tale fatto emerge con particolare evidenza da un’analisi dello sviluppo dell’esportazione dei prodotti alimentari italiani. All’inizio degli anni Sessanta l’esportazione italiana verso la Svizzera registrò una crescita netta. In primo luogo aumentò in grande misura il traffico di frutta e verdura. L’analisi di riviste di cucina di quegli anni dimostra che in Svizzera non si conoscevano ancora verdure tipiche italiane come le melanzane, le zucchine e i peperoni. Parallelamente all’introduzione di questi nuovi prodotti, aumentò l’importazione della pasta, dei pelati, del parmigiano, del salame, della mortadella e della coppa.


Turismo svizzero in Italia

Nel dopoguerra la crescita economica favorì una crescita dei salari reali che gettò le basi per un incremento dei consumi di massa mai visto in precedenza1. La nascente società di consumo manifestò in questo contesto un notevole interesse per la cultura italiana: trascorrere le vacanze in Italia e mangiare in ristoranti italiani divenne sempre più popolare. Questo atteggiamento può tra l’altro essere spiegato con un mutamento di valori che dalla metà degli anni Sessanta interessò la stragrande maggioranza delle società occidentali, sempre più aperte verso la ricerca del benessere. L’Italia veniva considerata come il Paese nel quale un modo di vivere edonistico era possibile. La cucina italiana conobbe allora un grande successo, in quanto corrispondeva perfettamente a questo mutamento socio-economico e culturale.
La riviera adriatica italiana diventò una delle mete principali del turismo di massa. In queste città balneari i turisti stranieri non si interessarono però molto alla cucina regionale. Preferirono mangiare piatti a loro già noti. Perciò i gestori di ristoranti locali si adattarono volentieri alle preferenze e ai gusti dei turisti. Si costituì in questo modo una sorta di monocultura gastronomica italiana, nella quale la pizza e la pasta incominciarono a diventare veri e propri stereotipi.
Nei numerosi ristoranti italiani in Svizzera era poi possibile rivivere, al rientro, i ricordi delle vacanze trascorse in Italia. Questi ristoranti venivano gestiti da famiglie di italiani immigrati prima delle due guerre. Negli anni Cinquanta e Sessanta tali ristoranti si rivolgevano però principalmente a una clientela svizzera: da parte loro gli italiani, per risparmiare, preferivano cucinare in casa.


L’immigrazione italiana

Il boom economico del secondo dopoguerra fece aumentare il bisogno di manodopera. A seguito dell’accordo bilaterale relativo all’immigrazione dei lavoratori italiani in Svizzera del 19482 , gli italiani cominciarono a giungere in massa nel periodo fra il 1950 e il 1970. Siccome le autorità svizzere volevano evitare il rilascio di permessi di domicilio, il soggiorno degli italiani fu in origine concepito come misura temporanea3; perciò essi ottennero spesso solo un permesso annuale o stagionale. Del resto questa politica corrispondeva perfettamente ai piani degli immigrati, che erano convinti di tornare a casa dopo qualche anno e vedevano la loro permanenza in Svizzera come un’esperienza temporanea.
Una simile situazione aveva intanto un preciso effetto sul loro modo di vivere. Gli italiani spesso abitarono in baracche provvisorie e fatiscenti o in alloggi, messi a disposizione dalle varie ditte, distanti dalle abitazioni degli svizzeri. Non c’erano dunque né una volontà, né una possibilità concreta d’inserimento sociale. Così gli italiani non vedevano alcuna necessità di adattare le loro abitudini alimentari agli usi e ai costumi del nuovo Paese. La conservazione delle abitudini alimentari ha peraltro un significato d’identificazione etnica. Questo fatto spiega anche perché per gli immigrati italiani in Svizzera era importante mantenere rapporti fra di loro. Associazioni a finalità culturale, religiosa o ricreativa come le Federazioni delle Colonie Libere Italiane oppure le missioni cattoliche svolgevano in questo contesto un ruolo fondamentale. Soprattutto nel fine-settimana gli italiani s’incontravano per le feste organizzate da queste associazioni, nelle quali le specialità culinarie italiane non potevano mancare.
Negli anni Sessanta molti italiani emigrati in Svizzera conobbero per la prima volta un lavoro regolare e una paga mensile. In tal modo era divenuto possibile per loro accumulare qualche risparmio e spendere di più per prodotti alimentari. Come risulta dagli articoli di giornale e dalle notizie nei rapporti annuali della Migros e della Coop, è appunto negli anni Sessanta che queste aziende cominciarono a tenere conto delle abitudini dei consumatori italiani, i quali prediligevano soprattutto l’acquisto della pasta asciutta. Ma gli italiani ormai non dovevano più limitarsi ai prodotti di sussistenza: adesso potevano permettersi cibi cui prima per motivi finanziari non avevano accesso o che erano riservati esclusivamente ai giorni festivi. Malgrado la distanza dal Paese d’origine, in sostanza, gli italiani non avevano dovuto rinunciare del tutto alle loro abitudini alimentari. D’altra parte, la loro esperienza svizzera aveva avuto anche un effetto positivo, in quanto aveva contribuito ad arricchire la loro dieta.


Il paradosso dell’inforestierimento e dell’italianizzazione

Accanto alla crescente popolarità dell’Italia a livello turistico e culturale, in Svizzera si manifestò nello stesso tempo una disapprovazione per le abitudini alimentari degli immigrati italiani. La loro cucina non veniva associata con la cucina italiana che gli Svizzeri pensavano di conoscere dalle loro vacanze o che mangiavano nei ristoranti italiani in Svizzera. I pregiudizi verso gli italiani si rafforzarono nel clima xenofobo di quegli anni4. L’idea diffusa era che la presenza massiccia di lavoratori stranieri – di cui nel 1964 il 66% erano appunto italiani – rappresentava una pericolosa minaccia per l’identità svizzera, che rischiava di alterarsi o addirittura di scomparire. Nei discorsi politici sul “problema dell’inforestierimento” ferveva il dibattito sugli usi culinari. Ad esempio si criticava il fatto che gli italiani non fossero disposti a rinunciare alle loro abitudini alimentari, accettando di mangiare anche cibi svizzeri nelle mense aziendali.
La cucina degli immigrati veniva dunque a rappresentare per certi aspetti una barriera sociale fra gli svizzeri e gli italiani. Alcuni svizzeri, da parte loro, non erano disposti a tollerare un certo comportamento alimentare e cominciarono a diffondere voci: gli italiani avrebbero mangiato troppi spaghetti e troppo aglio, ma anche lumache, uccelli e perfino cigni e gatti. È probabile che si fossero effettivamente verificati casi di questo genere; ma la maggior parte degli italiani non aveva certo simili abitudini. Alla base della diffusione di queste dicerie era la volontà di additare alla presenza problematica di una forte discrepanza culturale tra gli svizzeri e gli italiani.


L’essenziale in breve

Negli anni Sessanta gli svizzeri assunsero un atteggiamento ambivalente verso la cultura italiana. Da una parte l’italianità cominciò a diventare una parte integrante del modo di vivere della nascente società dei consumi; dall’altra, la presenza massiccia degli immigrati italiani fu avvertita come una minaccia pericolosa, le cui abitudini alimentari in particolare venivano rifiutate. Pertanto l’opinione, assai diffusa, di chi vede nella presenza in Svizzera degli immigrati italiani il principale fattore responsabile dell’italianizzazione della cucina svizzera deve essere riconsiderata con i dovuti distinguo.
La presenza degli italiani e le loro abitudini alimentari hanno senza dubbio accelerato la diffusione dei prodotti della loro cucina in Svizzera; ma sono stati in primo luogo i processi di mutamento socio-economico e culturale del dopoguerra ad incentivare, nonostante certe resistenze, l’italianizzazione della gastronomia svizzera. E se un risultato di questo processo è stato un cambiamento considerevole nelle abitudini culinarie degli svizzeri, gli immigrati italiani, viceversa, grazie all’interazione con le consuetudini alimentari locali, hanno conosciuto anch’essi un miglioramento nella loro dieta.



Bibliografia:
• Braun, Rudolf. Soziokulturelle Probleme der Eingliederung italienischer Arbeitskräfte in der Schweiz. Erlenbach-Zürich 1970.
• Brassel-Moser, Ruedi. Consumi, Cap. 2 Verso la società di consumi. In: Dizio-nario storico della Svizzera (DSS), versione del 16 febbraio 2010, http://hls-dhs-dss.ch/textes/i/I16219-1-2.php.
• Tanner, Jakob. Alimentazione, Cap. 3.4 La società dei consumi e il problema della sovrabbondanza (seconda metà del XX secolo). In: Dizionario storico del-la Svizzera (DSS), versione del 16 febbraio 2010, http://hls-dhs-dss.ch/textes/i/I16224-3-4.php.


Letture consigliate:
• Capatti, Alberto, Montanari, Massimo. La cucina italiana: Storia di una cultura. Roma-Bari 2000.
• Gli italiani in Svizzera: un secolo di emigrazione, a cura di Ernst Halter, Bellin-zona 2004.

1 Dizionario storico della Svizzera
2 Documenti Diplomatici Svizzeri
3 Documenti Diplomatici Svizzeri
4 Dizionario storico della Svizzera

 



Fig. 1: Nel secondo dopoguerra la riviera adriatica italiana fu una meta principale per le vacanze estive degli Svizzeri. Qui un annuncio pubblicitario degli anni Sessanta tratto dal catalogo di viaggio dell’agenzia Hotelplan.


Fig. 2: Negli anni Sessanta gli italiani venivano rimproverati dagli Svizzeri di mangiare i loro gatti. Illustrazione tratta dal settimanale della Migros (Brückenbauer) del 20 ottobre 1961.